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editoriale

L'editoriale

11 marzo 2020

27 Marzo 2020 - Marcello Fumagalli

Il destino ha voluto che per due volte di seguito il titolo dell’editoriale fosse una data!

Questo momento sarà ricordato dai giovani per tutta la loro vita e, a noi, per quello che ci rimane della nostra.

Per la prima volta, a mia memoria, l’Italia si è fermata!

Già barricati in casa da almeno una settimana e più, ci è stato comunicato che il periodo di isolamento sarebbe proseguito ancora per molto nella speranza di arrestare la diffusione del “virus cinese”, colpevole di aver “infettato” il pianeta intero.

Nel frattempo l’obbligo di restare inchiodati all’interno delle mura domestiche ci ha permesso di riflettere sulla fragilità dell’uomo anche se in presenza della più avanzata tecnologia di sempre.

Costretti dalle circostanze abbiamo reagito con celerità e, affiancati da computer e smartphone, siamo stati in grado di mutare gli stili di vita mettendo in atto comportamenti finora marginali quale il lavoro da remoto e le video conferenze.

La repentina “mutazione” è stata la soluzione a quello che sarebbe potuto diventare un dramma nel dramma. Il pericolo dell’isolamento, condizione alla quale non siamo più abituati, è stato così annullato.

Gli strumenti digitali e la tecnologia sono diventati un ausilio indispensabile nell’esorcizzare la segregazione forzata e l’emarginazione sociale. Con un “click” siamo stati catapultati dal salotto di casa al bordo della nostra scrivania d’ufficio e con cuffie e videocamere i nostri naturali sensi si sono adeguati ad un mondo sempre più simile a quello descritto negli episodi di “Star Trek”.

Forse non siamo ancora alla fine dei giorni, ma solo all’inizio di un nuovo modo di vivere la vita preludio verso una concezione più consona ai tempi futuri.

L’allegorica immagine alchemica della trasmutazione del Piombo in Oro descrive bene l’improvviso cambio pur se tuttora impregnato della ancestrale incertezza e precarietà della vita.

Il dover vivere giorni in uno stato di singolare insicurezza mi ha portato a ricordare la concitazione di “Ubertino da Casale” mentre ravvedeva, nel film “Il nome della rosa”, di fronte alle morti in circostanze misteriose dei monaci dell’abbazia, i segni dell’Apocalisse.

“Poenitentiam agite approprinquavit enim regnum coelorum!”

 

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